Con la fine del monopolio RAI, avvenuta di fatto negli anni ’80 in conseguenza di una sentenza della Corte costituzionale
(41), e la conseguente moltiplicazione delle emittenti il panorama televisivo risulta profondamente mutato. Anche i tempi di trasmissione vengono enormemente ampliati fino a raggiungere, nel giro di pochissimi anni, le ventiquattro ore giornaliere.
Ai telespettatori si offre una situazione completamente nuova: la scelta non è più limitata ai due programmi prodotti dalla RAI ma si estende a decine di programmi delle TV commerciali molte delle quali trasmettono ininterrottamente giorno e notte. La prima conseguenza è uno sviluppo impetuoso della pubblicità. Il linguaggio televisivo delle TV private è molto diverso da quello a cui i telespettatori sono abituati e come tutte le novità raccoglie consensi.
E’ iniziata la concorrenza televisiva, e la TV pubblica deve correre ai ripari, innanzi tutto aumentando i tempi di trasmissione e in secondo luogo modificando profondamente il proprio palinsesto
La vecchia televisione
(42) (quella dal 1954 al 1975) aveva un palinsesto nel quale i singoli programmi si presentavano come blocchi omogenei (43) - al loro interno ben distinti gli uni dagli altri - distribuiti secondo un criterio di ripetitività settimanale con appuntamenti ricorrenti.
Un programma di approfondimento giornalistico come TV7 era ben diverso da una trasmissione culturale come “L’approdo”, così come uno sceneggiato non poteva essere confuso con un film pur facendo parte del blocco “spettacolo”. Ciascun programma era annunciato da una “speakerina” e preceduto da una sigla - talvolta c’era anche la sigla in chiusura – la quale costituiva un carattere identificativo del programma stesso. I registi, nelle inquadrature, facevano largo uso di primi piani e piani medi per rispettare le esigenze del piccolo schermo
(44) e i movimenti di camera erano relativamente limitati, anche perché, di norma, una sola delle telecamere era motorizzata (45), mentre le altre, che erano montate su pesanti supporti muniti di ruote, venivano mosse con difficoltà. Le riprese degli spettacoli di varietà (lo si può verificare guardando ad esempio i balletti di Studio uno riproposti nel corso di recenti trasmissioni) basavano la loro dinamica sui rapidi stacchi delle camere, talune delle quali, posizionate in alto o molto in basso, creavano effetti decisamente gradevoli.
Nella nuova televisione, che comincia alla fine degli anni ’70, ma che si sviluppa soprattutto negli anni ’80 e ’90, la gran parte dei programmi perde quei caratteri forti di delimitazione, tipici della vecchia televisione; le sigle si contraggono, gli annunci si fanno sempre più rari, più generi vengono accorpati in un unico programma che prende la forma di un contenitore, il quale nasce come una grande cornice atta a contenere un po’ di tutto. “Domenica in…”, iniziato nel 1976 e tutt’oggi ancora trasmesso, anche se col titolo leggermente modificato, viene indicato come il primo programma contenitore
(46).
Con il nuovo linguaggio televisivo il palinsesto non è più strutturato per appuntamenti settimanali ma è organizzato per appuntamenti quotidiani. La pubblicità che nella vecchia televisione aveva una collocazione oraria ben precisa
(47), e una durata ragionevolmente lunga, viene spezzettata in inserti di breve durata e trasmessa non solo tra un programma e l’altro, ma anche all’interno dei programmi stessi, che vengono frequentemente interrotti.
Il linguaggio televisivo cambia
(48) anche:
- nel ritmo delle riprese, che diviene più veloce, facendo ricorso a sequenze più brevi, e quindi a una narrazione più spedita (ad esempio La Piovra, Un medico in famiglia);
- nelle inquadrature, che sfruttano un numero maggiore di telecamere tutte munite di zoom, un dispositivo ottico che ha sostituito il vecchio sistema a tre/quattro obbiettivi. Le nuove telecamere, molto più leggere di quelle del passato, risultano estremamente maneggevoli e quindi i movimenti di camera risultano molto semplificati. La ripresa si vale anche di nuove invenzioni come la steadycam
(49), per le carrellate veloci, o la flycam (50), che consente riprese dall’alto;
nell’uso del colore, introdotto finalmente (1977) anche in Italia dopo 16 anni di burrascose diatribe in sede politica e industriale;
nel montaggio, nel quale è facile osservare salti bruschi dai dettagli ai totali;
nella presenza sempre più massiva delle comunicazioni telefoniche con gli spettatori.
41 La sentenza n. 202 del 28 luglio 1976 consentiva l’installazione e l’esercizio di
impianti televisivi privati purché limitati all’ambito locale. Con decreto legge 6 dicembre 1984 (convertito in legge 4 febbraio 1985 n. 10) il Governo
legittima, in via provvisoria, le trasmissioni delle emittenti televisive private purché basate su programmi preregistrati (cosiddetta interconnessione
funzionale). Solo con la legge 6 agosto 1990 n. 223 (legge Mammì) verrà ufficialmente riconosciuto il sistema misto pubblico/privato, di fatto già
operante da anni.
42
Umberto Eco: “I programmi televisivi di intrattenimento”, Nuova ERI, 1981 la chiama
“paleotelevisione” in contrasto alla televisione attuale chiamata “neotelevisione”.
43 I programmi erano divisi in tre grandi blocchi: informazione, cultura, spettacolo.
44 I televisori avevano, nel 1954, schermi standard di 17 e 21 pollici. Solo in alcune grandi città, e a prezzi
astronomici, era possibile acquistare apparecchi, prodotti negli Stati Uniti, con schermi da 24 e 27 pollici.
45 La telecamera era montata su un carrello, mosso da motori elettrici o spinto a mano, chiamato “dolly”. In alcuni spettacoli di varietà era usato un carrello molto basso, per cui la telecamera
risultava a poche decine di centimetri dal pavimento, chiamato in gergo “go-kart”.
46 Un altro programma RAI con questa tipologia è stato, nel 1983, “Pronto Raffaella?”. Non può essere dimenticato “Portobello”, che ebbe grande successo dal 1977 al 1983, il
quale aveva già le caratteristiche del contenitore, in quanto si articolava in una serie di rubriche.
47
“Carosello”, trasmesso dopo il Telegiornale delle 20, era un’antologia di filmati, ciascuno della durata di pochi minuti, che
narravano una storia completa e nei quali era inserito il messaggio pubblicitario, la cui lunghezza era rigorosamente stabilita.
48 Il primo programma che stravolge il vecchio linguaggio televisivo XE "linguaggio televisivo" è “Orlando furioso” di
Luca Ronconi che suscita grandi entusiasmi tra i critici ma scarso gradimento da parte dei telespettatori.
49 Imbracatura, completa di telecamera di piccole dimensioni, del peso complessivo di 20 Kg, munita di sistemi antirollio,
che - indossata da un cameramen giovane e robusto - viene utilizzata, in movimento, per riprese ravvicinate soprattutto negli spettacoli di varietà.
50
Telecamera, sospesa a un dirigibile, pilotata via filo o via onde radio.
EDIZIONI ISTITUTO DI PUBBLICISMO
Theorèin - Maggio 2005